
UN'ANSIA … SOFFIANTE. Gemma C Morabito, MD – PS di Roma
Codici differibili. È la mia assegnazione di questa mattina. Pazienti classificati come verdi o bianchi sono in attesa di essere chiamati per la visita. Spesso quando sono qua rifletto su alcune discussioni di attualità. Si fa un gran dire, infatti, di questo tipo di utenti del Pronto Soccorso. Qualcuno li considera pazienti semplici di cui chiunque si può occupare e propone di mettere medici di famiglia al posto di quelli del Pronto Soccorso per smaltire questi casi banali. Certo per noi sarebbe una bella comodità, ma tremiamo all’idea di quello che potrebbe succedere. Le autorità, infatti, si dimenticano che non esiste il paziente bianco, verde o rosso; abbiamo solo un tipologia noi: il paziente di Pronto Soccorso.
Noi però che in emergenza ci lavoriamo, e ci lavoriamo da tempo!, conosciamo bene questa differenza. Con le dovute eccezioni, in genere il malato che aspetta nella nostra sala visita ha qualcosa di urgente fino a prova contraria. È questo l’approccio che noi medici di Pronto Soccorso dovremmo avere. Come dico sempre io, è una sana paranoia che ci consente di prendere sul serio tutto e, alle volte, evitare il peggio a pazienti non considerati dal sistema sanitario e da altri colleghi.
Il caso di cui vi parlo è emblematico. GM è uno dei pazienti della lista dei codici verdi da visitare, e ha due colpe. La prima è quella di essere giovane e di soffrire d’ansia. La seconda, di aver addirittura chiamato l’ambulanza per farsi portare in Ospedale. Sia come sia, riporta dolore toracico e fame d’aria presenti da due giorni. Non ha malattie di base, dice, e prende delle benzodiazepine perché da tempo soffre d’ansia. Anche questa mattina ha assunto le gocce, ma a lui sembra che non abbiano fatto effetto.
Vengono presi i parametri che mostrano normale saturazione, pressione e frequenza cardiaca. Comincio la mia visita e approfondisco l’anamnesi. GM mi racconta di avere dolore toracico severo da due giorni. Non casco nel tranello del “dolore che dura da due giorni = dolore non cardiaco” e chiedo per bene al paziente cosa intende per dolore continuo: gli episodi vanno e vengono da due giorni e stamattina è peggiorato improvvisamente. Per questo ha chiamato l’ambulanza. È da tempo che gli capitano questi episodi di dispnea improvvisa e il medico gli ha detto che si tratta di attacchi di panico. Sono ansioso dottorè – mi dice – mi dia qualche goccia per calmarmi!
Mentre lo interrogo qualcosa mi insospettisce. Vero che forse ha l’ansia, ma il paziente è parecchio tachipnoico e tende a rimanere in decubito semiortopnoico quando lo metto sul lettino. La misuro e trovo che la sua frequenza respiratoria in effetti è di circa 30. È giovane, ovvio che abbia una normale saturazione. Al torace non ha nulla, ma quando metto il fonendoscopio sull’aia cardiaca apprezzo subito un soffio sistolico 3/6 sul focolaio aortico. Mi faccio subito una idea di quello che può essere e, mentre richiedo un elettrocardiogramma coinvolgo subito il collega cardiologo per un ecocardiogramma urgente.
Il tracciato mostra un ritmo sinusale con rari battiti ectopici ventricolari, ma un QTc decisamente allungato (523 msec).
Partiti i prelievi accompagno il paziente a fare un Rx torace (che risulta negativo) e lo tratto con del diuretico e nitrati. Ora è il momento dell’Ecocardiogramma che mostra un ventricolo sinistro dilatato con frazione di eiezione del 40% e una steno- insufficienza aortica severa con ipertensione polmonare. La Cava Inferiore è dilatata e non collassabile. Ci sono anche una insufficienza mitralica e tricuspidale moderate.
Dopo diuretici e nitroderivati GM sta meglio. Il mio paziente con gli attacchi di panico e ansioso, che nel frattempo si è calmato dopo aver preso fiducia in chi si sta occupando di lui, è ora in grado di darmi qualche dettaglio in più che non aveva mai detto prima perché tutti andavano di fretta. Effettivamente ricorda che quando aveva fatto il militare gli avevano trovato qualcosa al cuore. Una anomalia congenita della valvola aortica che non ricorda, ma per la quale gli avevano detto di ricontrollarsi dopo i 40 anni. Ora lui di anni ne ha solo 35. Negli anni passati ha avuto sensazione di stanchezza, dispnea e spesso si sveglia di notte per urinare, ma è andato avanti perché è sempre stato rassicurato sulla genesi psicologica del disturbo. Concludiamo la valutazione chiedendo una TC con mezzo di contrasto (nell’ipotesi di una dissecazione aortica) che la temibile complicanza. Gli esami ematici intanto tornano: troponina I positiva (0.09), segni di stati epatica (GOT 53 e GPT 110); buona funzione renale ed elettroliti.
Sono passate appena quattro ore dall’arrivo del nostro paziente in Pronto Soccorso. Questa volta è andata bene. Nessuno lo ha rimandato a casa dopo qualche goccina di ansiolitico. Verrà ricoverato in Cardiochirurgia con diagnosi di Insufficienza aortica severa in miocardiopatia dilatativa e aorta bicuspide.
Riflessioni
La valvola aortica bicuspide è il difetto congenito più comune (’1.3% della popolazione). La più comune complicanza di questo difetto congenito è la disfunzione valvolare, ma si pensa anche che possa essere causa di “aortopatia”, un processo paragonato alla sindrome di Marfan con dilatazione aortica indipendente.
La complicanza più seria della aorta bicuspide è la dissecazione aortica. La sua mortalità è elevata. Studi autoptici suggeriscono che questi pazienti siano a rischio elevato di dissecazione aortica , ed è per questo che si pensa che l’aorta bicuspide sia responsabile di più morti di tutti i difetti cardiaci congeniti combinati. Chi ne è portatore vive nella paura di una morte improvvisa anche se in realtà mancano dati epidemiologici e studi che abbiano valutato gli eventi aortici nei pazienti con aorta bicuspide.
Un recente articolo, pubblicato il 14 settembre 2011 sulla rivista JAMA, riporta i risultati di una ricerca volta a determinare incidenza di complicazioni aortiche tra i pazienti con aorta bicuspide. I dati (416 pazienti con aorta bicuspide – follow up media 16 anni) hanno indicato che il rischio di dissecazione aortica in questi pazienti è circa 8 volte più alta che nella popolazione generale, anche se l’incidenza assoluta dell’evento dissecazione rimane molto bassa. Un’altra cosa che fanno notare gli autori è che, sebbene l’aortopatia dell’aorta bicuspide possa condividere alcune somiglianze biologiche con la sindrome di Marfan e gli aneurismi siano comuni in entrambe le condizioni, questo studio pubblicato sul JAMA fornisce evidenza che l’outcome clinico non sia confrontabile tra le due condizioni. La dissezione aortica è, infatti, un criterio maggiore cardiovascolare e i pazienti con Marfan che non si sottopongono a intervento chirurgico hanno una sopravvivenza bassa (le complicazioni aortiche sono responsabili dell’80% delle morti cardiache).
Tutto è bene quel che finisce bene. Io e GM siamo diventati amici, anche perché abbiamo le stesse iniziali di nome e cognome. E sapete cosa? Il giorno dopo l’ho trovato di nuovo in Pronto Soccorso. Era ricoverato in Cardiochirurgia ma era sceso perché la sua compagna era stata portata come codice giallo nel nostro Ospedale. Giovane anche lei, aveva una intensa cefalea e la TC aveva trovato una emorragia. Non c’è storia di assunzione di droghe, come verrebbe spontaneo pensare … è solo che alle volte la vita prende delle strade bizzarre e inattese. È così è anche la Medicina. Cercare di semplificarla può essere pericoloso … soprattutto per le persone che curiamo.
Gemma C. Morabito, Editor-in-chief MedEmIt – Dirigente medico UOC Medicina d’urgenza e Pronto Soccorso, Sant’Andrea di Roma. Hector I. Michelena, et al. Incidence of Aortic Complications in Patients With Bicuspid Aortic Valves. JAMA. 2011;306(10):1104-1112.
(Dedicated to the Wise-Man R.SJV)
Bertolt Brecht
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