NOTTE DI CAPODANNO IN PS? LEGGI QUESTA LETTERA, SORRIDI, E VAI AVANTI. IL MATTINO E' VICINO! Fabio De Iaco, MD, Scientific Board MedEmIt

 REGALI DI NATALE

 

Ho qualcosa da dire, e ho voglia di scrivere. Vorrei che qualcuno leggesse quel che sto pensando, ma non è un lavoro scientifico né una recensione. Ancora una volta mi accorgo che non c’ è nessuno spazio (almeno in Italia) per chi vuole esprimere qualcosa che tocchi il quotidiano, i sentimenti, le convinzioni ed i dubbi di chi fa il mio lavoro. Qualcosa che non riguarda la “scienza” (che secondo qualcuno pratico) ma che mi aiuti a rispondere a una domanda che mi torna in mente spesso oggi:

 

 

Ma che ci sto a fare questa notte in Pronto Soccorso?

 

 

Mi torna in mente l’immagine di mio figlio. Orma sembra essersi abituato. Ha sei anni e fino a qualche tempo fa uscire di casa per il turno di notte era un problema. Ora, invece, mi saluta con un bacio e un sorriso e mi urla un ultimo “CIAO” dalla finestra quando sente chiudere il portone. Probabilmente è sereno, ma se il suo papà avesse fatto lo specialista (quello “vero” che si divide tra ospedale al mattino e studio al pomeriggio) non dovrebbe passare una notte su quattro senza di me. Forse è per questo che, quando sono a casa, tocca a me l’ultimo brano di favola della sera …

 

 

Per adesso (la scaramanzia è una scienza esatta, come la matematica) è una notte tranquilla: traumetti, febbri o poco più. Mi domando se valeva la pena per questo studiare una vita, mollare la famiglia e passare una notte sveglio? Per chi ancora non l’ avesse capito se la notte è buia c’è un motivo! La notte … è fatta per dormire! Ennesima conferma: l’ambulanza ha appena scaricato il solito diciottenne ubriaco delle 3 (ma perché a me non è mai venuto in mente di andare in Pronto Soccorso per una sbornia?).

 

In questi giorni di Natale incontro spesso al timbro i miei colleghi specialisti (quelli veri!). Loro se ne vanno con pacchetti, bottiglie e cestini. E’ proprio vero: più costi e più vali. Noi medici di Pronto Soccorso siamo gratis: riceviamo senza appuntamento e non scriviamo le nostre con una MontBlanc. In realtà, però , io una penna così ce l’ho. Anzi, ne ho due, false, lasciate anni fa in PS dalla Polizia di Frontiera, dopo un sequestro ad un poveraccio che si era addormentato in treno a Ventimiglia.

 

Non che me ne freghi granché, però una cosa è vera. Ti arriva un paziente, magari difficile, lo visiti, lo studi, ti prendi gli insulti di un radiologo perché gli fai fare un contrasto di notte in reperibilità, litighi anche con un consulente o due, e poi lo ricoveri con una bella embolia polmonare alla quale non credeva nessuno e a cui solo tu hai pensato. Gli hai salvato la vita, perbacco! Ma dopo qualche giorno quello torna a casa gonfio di gratitudine per chi l’ha curato così bene: lo specialista vero, quello con la MontBlanc vera, mica quelli del PS che l’ hanno tenuto tre ore su una barella prima di capirci qualcosa.

 

Sulla mia scrivania, però, questa notte c’è una lettera. È indirizzata personalmente a me e, come sempre, ci ha messo prima due giorni per arrivare in Ospedale e poi altri dieci per arrivare in PS. E’ scritta a mano (!), in bella grafia e su un sottile foglio di carta da lettera:

 

Egregio Dott. De Iaco,

siamo i genitori di Matteo (il nome l’ho inventato), lei certamente non si ricorda di noi ma noi di lei non possiamo dimenticarci.

Matteo quest’estate è caduto ferendosi al volto e lei con la sua equipe gli avete prestato soccorso.

In occasione delle festività vogliamo ringraziarla per la sua professionalità e la sua umanità.

All’ Ospedale Pediatrico (dov’è stato trasferito poi il piccolo) gli specialisti hanno lodato, con ragione, il vostro lavoro, tanto è vero che a distanza di mesi la sutura è quasi impercettibile.

Ma noi vogliamo ringraziarla anche per la sua sensibilità che ha reso il tutto meno traumatico a noi genitori ma soprattutto a Matteo a cui non è rimasto nessun tipo di paura.

Buone Feste a lei, alla sua equipe ed alle vostre rispettive famiglie.”

 

Ci sono le firme di mamma, papà e Matteo (mi voglio immaginare il bimbo che firma tutto attento: in fondo adesso è in prima). Nella busta c’ è anche una sua bella foto su una minimoto.

 

Matteo è un bimbo di sei anni di cui ricordo poco: una brutta ferita al volto con lacerazione della gengiva e parziale avulsione di incisivi e canini. L’abbiamo trattato come tutti i bimbi qui da noi, con sedazione procedurale, osservazione in PS e una mano sulla spalla di papà e mamma (“Signora mia, ho un figlio della stessa età, capisco bene. Si segga accanto a lui e stia serena, che tutto andrà per il verso giusto”).

 

Punti esterni ed interni. In tutto una mezzoretta di lavoro. Una brutta avventura per il piccolo, eppure, scrivono i genitori, “a Matteo non è rimasto alcun tipo di paura”.

 

Per poter trattare Matteo con una sedo-analgesia ben fatta abbiamo combattuto (e ancora non abbiamo ancora smesso) una battaglia contro sopracciglia alzate, preconcetti saccenti, malcelati auguri di fallimento, fino alle minacce di denuncia al primo evento avverso (ma scusate, solo a noi non può succedere?).

 

E adesso, come augurio per Natale, non c’è bottiglia di champagne che tenga il confronto! Attacco la foto di Matteo alla parete del mio studio e con questo mi accorgo di aver già risposto alla domanda che mi facevo prima (Ma che ci sto a fare questa notte in PS?).

 

Mando una mail con il pezzo a Gemma. Mi sbagliavo all’ inizio. Non è vero che in Italia non c’è spazio per queste cose … c’è MedEmIt! Io non ci scrivo da troppo tempo e mi piace iniziare il nuovo anno “cambiando registro”.

 

Mi metto comodo sulla poltrona. Tiro su le gambe. Il diciottenne ubriaco ne ha ancora per un po’ prima di svegliarsi e se sono fortunato per un’oretta non arriva nessuno. Buon Natale in  ritardo (come la lettera di Matteo) a tutti i lettori di MedEmIt.

 

Fabio De Iaco, medico di pronto soccorso

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(Dedicated to the Wise-Man R.SJV) 

 "I am working hard, I am carefully preparing my next error"  - "Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore"

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