GESTIONE PRE-OSPEDALIERA DEL TRAUMA CRANICO SEVERO. Luigi Blarasin, MD - Emergenza territoriale Friuli Occidentale

GESTIONE PRE-OSPEDALIERA DEL TRAUMA CRANICO SEVERO. Luigi Blarasin, MD - Emergenza territoriale Friuli Occidentale

 

Anche se è passato qualche tempo, mi sono andato a rileggere una review pubblicata qualche anno fa al riguardo e tuttora attuale. Se domani sei di turno in ambulanza (il mio primo “amore” come servizio) dai un’occhiata a questa review sulla “gestione del trauma cranico severo sul terreno” .….. non si sa mai …

 

Gli autori, ponendo in sequenza logica le fasi di gestione del traumatizzato cranico “sul campo” hanno rivisto la più recente letteratura in merito e danno una esauriente risposta ai dubbi e ai quesiti che via via si presentano.

 

Definizione

 

Il trauma cranico severo (identificabile con un GCS inferiore a 9) è una sostanziale causa di morbilità e mortalità. Colpisce molto frequentemente pazienti di giovane età (la fascia maggiormente coinvolta è quella tra i 15 e 29 anni) comportando oltre alla elevata mortalità (30-50%) una rilevante disabilità neurologica nei sopravvissuti.

 

Fisiopatologia

 

Oltre ai danni primari, cioè direttamente correlati al trauma (ematomi subdurali, extradurali, intracerebrali e danno assonale diffuso) la prognosi è pesantemente condizionata dal manifestarsi di lesioni successive, i cosiddetti danni secondari, direttamente correlate all’ipotensione, all’ipossia o all’ipertermia. La gestione corretta del trauma cranico severo è, quindi, focalizzata sulla prevenzione, identificazione e eventuale trattamento delle lesioni secondarie.

 

Quali sono le priorità nella gestione del trauma cranico severo sul terreno?

 

La gestione sul terreno del trauma cranico severo è indirizzata verso due priorità:

 

a) una rapida evacuazione verso un centro di cure definitive, cioè dotato di neurochirurgia, che dovrebbe accogliere direttamente il paziente, senza soste intermedie e comunque non oltre le quattro ore specialmente se è presente una lesione con effetto massa

 

b) a iniziare dalla scena una corretta gestione della pervietà delle vie aeree, della ventilazione e perfusione cerebrale, rivolte come detto alla prevenzione dell’instaurarsi dei danni secondari indotti da una inadeguata perfusione cerebrale o da una aumentata pressione intracerebrale.

 

Sostanzialmente si tratta, ancora una volta, di valutare e trattare …. A (pervietà vie aeree) … B ( ossigenazione e ventilazione efficaci ) … C (mantenimento di una sufficiente perfusione cerebrale).

 

 

Quali sono le opzioni per la gestione delle vie aeree?

 

La compromissione delle vie aeree è comune dopo un trauma cranico severo e contribuisce in modo determinante all’instaurarsi di danni secondari cerebrali. Oltre alle note manovre di base (con particolare attenzione ai movimenti del rachide cervicale …) e all’utilizzo di una sorgente di ossigeno ad alto flusso (15 litri con maschera reservoir e non rebreathing) dedicate in particolar modo alle prime fasi del soccorso, alcuni trials controllati hanno evidenziato una maggior efficacia dei dispositivi sopraglottici (maschera laringea nei suoi diversi assemblaggi) rispetto all’intubazione orotracheale, in particolar modo quando la gestione delle vie aeree è affidata a personale non esperto e nelle fasi iniziali del soccorso, in particolare durante le manovre di estricazione.

 

Ciò premesso, l’intubazione orotracheale è ovviamente tuttora considerata il gold standard per pazienti portatori di trauma cranico severo, anche se le evidenze in letteratura sull’efficacia e sicurezza dell’intubazione nel setting extraospedaliero, sono tutt’altro che schiaccianti. In merito a ciò vale la pena segnalare che gli studi in argomento sono per la maggior parte retrospettivi, (livelli di evidenza quindi non ideali) con procedure di intubazione eseguite sul campo da personale non esperto e/o con un utilizzo ridotto di farmaco sedativi/analgesici e miorilassanti. Numerose pubblicazioni in argomento hanno evidenziato l’alto rischio di ipertensione endocranica e ipossiemia  correlate con la procedura di intubazione. Esiti molto più confortanti e promettenti emergono invece dall’analisi di lavori in cui viene utilizzata la “sequenza rapida di intubazione” da parte di personale medico addestrato;  un recente lavoro in merito ha riportato percentuali di successo per l’intubazione di 94-97 % con minima presenza di complicazioni quando l’intubazione viene eseguita con questa procedura farmaco assistita.

 

Quali sono i farmaci ideali per facilitare l’intubazione?

 

Il farmaco ideale per eseguire l’intubazione oro tracheale dovrebbe avere effetti minimi sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa, e possibilmente ridurre la pressione intracranica mantenendo comunque una efficace perfusione cerebrale.  Nonostante qualche perplessità determinata dalla possibile inibizione sulla sintesi degli steroidi l’Etomidate si dimostra efficace nel prevenire episodi ipotensivi, quando utilizzato nell’intubazione in pazienti con trauma cranico severo; nonostante il timore di ipertensione endocranica indotta dalla ketamina ne abbia storicamente contrastato la diffusione in questo setting, una revisione di di trials clinici randomizzati ha concluso che in un contesto di ventilazione controllata normocapnica, la ketamina ha minimi o nulli effetti sulla pressione intracranica e può quindi essere utilizzata. Va da sé che l’intubazione non può prescindere da una adeguata sedazione e paralisi durante tutte le fasi del trasporto fino all’ospedale di destinazione per evitare disastrosi aumenti della pressione intracranica determinata dalla tosse o da stimoli e riflessi algogeni .

 

Quali sono le indicazioni per applicazione della sequenza rapida di intubazione?

(protocollo operativo del servizio di eliambulanza Great Nord Air ambulance )

 

  • Problemi nella gestione delle vie aeree che non possano essere risolti con manovre di base  (ad es. ustioni del volto)
  • Insufficienza respiratoria (saturazione < a 92 % nonostante 15 litri di 02 al minuto) o impellente arresto respiratorio per esaurimento o per patologia
  • Glasgow coma scale < a 9 o in rapido peggioramento
  • Pazienti  a rischio per deterioramento delle ventilazione o ossigenazione durante il trasferimento (ad es. ustioni o traumi al volto )
  • Pazienti che hanno necessità di sedazione profonda per analgesia o perché potenzialmente dannosi a se o ai soccorritori

 

Come deve essere ventilato un paziente con trauma cranico severo?

  

L’ipossiemia è un evento comune (e multifattoriale) dopo un trauma cranico severo e numerosi lavori dimostrano una associazione diretta con la mortalità e con il pessimo outcome neurologico in questo setting; altra comune temibile sequela in questo ambito è l’ipercapnia determinata  dalla depressione respiratoria, che induce aumento del flusso ematico intracerebrale e di conseguenza della pressione intracranica. D’altra parte anche una eccessiva ventilazione dei traumatizzati cranici ha i suoi rischi ed effetti nocivi, inducendo diminuzione della PaCo2 con secondaria vasocostrizione e ischemia cerebrale, in un distretto già di per se sofferente. Una review di studi retrospettivi di notevole dimensione dimostrava che fino al 18 % dei traumatizzati cranici severi erano ipocapnici (cioè iperventilati) all’ingresso in ospedale dopo intubazione sul terreno, e con un peggioramento evidente dell’outcome per quelli che in dipartimento di emergenza registravano una PaCO2 inferiore a 4 KPa . Per questi motivi il monitoraggio dell’end tidal CO2 è divenuto lo standard indispensabile per tutti i pazienti traumatizzati cranici ventilati meccanicamente.

 

Come deve essere gestita l’instabilità circolatoria?

 

I pazienti con trauma cranico severo che sono ipotesi hanno il doppio di mortalità rispetto a quelli normotesi. Questo poiché l’ipotensione esita in una ridotta pressione di perfusione cerebrale e ischemia neuronale con insorgenza di danno secondario. Concettualmente è tradizione considerare il paziente traumatizzato e ipoteso come emorragico, fino a prova contraria.

 

La pressione di perfusione cerebrale (CPP) è calcolata sottraendo la pressione intracranica dalla pressione arteriosa media; l’obiettivo è quello di mantenere una CPP di 60-70 mmHg; naturalmente  un corretto  monitoraggio della CPP è una procedura difficilmente realizzabile nel setting preospedaliero per cui la maggior parte delle linee guida utilizza il valore di pressione sistolica come guida durante la fase di soccorso. La Brain Trauma Fundation raccomanda come target pressorio minimo per il traumatizzato cranico il valore di 90 mmHg (il dato è determinato dall’osservazione che una pressione sistolica inferiore a 90 costituisce un fattore di rischio di mortalità indipendente dopo un trauma cranico severo).

 

Non vi sono comunque studi che stabiliscano un target maggiore di 90 mmHg ideale da raggiungere, nonostante questo obiettivo sia ragionevolmente indicato nei traumi cranici isolati. Una vera sfida invece è costituita dai pazienti che subiscono traumi polidistrettuali (cranio e torace/addome ad esempio) in cui l’esigenza di mantenere una sufficiente perfusione cerebrale si scontra con le strategie rianimatorie finalizzate al mantenimento della pressione minima efficace (cosiddetta ipotensione permissiva) con valori pressori sistolici certamente inferiori ai 90 mmHg.

 

A tutt’oggi non vi è consenso (piuttosto un acceso dibattito) sulla tipologia di fluidi da utilizzare nel trattamento dei traumatizzati cranici severi (colloidi, cristalloidi, albumina, ipertoniche) anche se esistono degli studi, e delle aspettative, che indicherebbero una maggior efficacia delle soluzioni ipertoniche verso gli altri standard di cure.

 

Quale trattamento per ridurre l’ipertensione endocranica?

 

Non esistono dati sufficienti per suggerire la somministrazione di agenti osmotici come il mannitolo per ridurre sul terreno  l’ipertensione endocranica, se vi sono segni (ad esempio dilatazione pupillare) di tale temibile complicanza. In ogni caso è imperativo correggere l’ipossiemia, l’ipotensione, l’ipercapnia e fornita un’adeguata sedazione prima di iniziare a trattare l’ipertensione endocranica; gli studi riguardo all’utilizzo delle soluzioni ipertoniche versus mannitolo non sono ancora decisivi al riguardo. Fin dal 2004 è diffusa l’evidenza che non vi è spazio per il trattamento routinario con steroidi.

 

E l’ipotermia?

 

Mentre non vi sono dubbi che l’ipertermia sia dannosa ai pazienti con trauma cranico severo, non è ben chiaro, ancora, quale sia il ruolo dell’ipotermia terapeutica, con studi controllati randomizzati che evidenziano benefici nel trattamento con ipotermia per l’ipertensione intracranica refrattaria, senza che però tale effetto positivo venisse poi confermato in sede di metanalisi.

 

Quale deve essere la destinazione dei pazienti con trauma cranico severo?

 

Una recente analisi retrospettiva ha mostrato una riduzione nella mortalità quando i pazienti erano trasportati e gestiti in centri ospedalieri dotati di neurochirurgia , nonostante questa review fosse ampia riguardava solo i 2/3 dei Centri Ospedalieri Inglesi; tale situazione potrebbe aver indotto in un qualche bias poiché le strutture neurochirurgiche non accolgono pazienti con lesioni multi distrettuali.

 

Conclusioni

 

Il trauma cranico severo è una lesione comune e spesso induce morte o compromissione neurologica permanente. Gli esiti possono essere migliorati se i pazienti ricevono il trattamento definitivo al più presto e possibilmente in strutture dotate di Neurochirurgia. L’ipossiemia e l’ipotensione sono comuni in questi pazienti e inducono, se associate, una mortalità maggiore del 75 %.

 

Riassunto

  • La gestione del trauma cranico severo  e focalizzata sul rapido trasferimento a centri di secondo livello per prevenire la comparsa di lesioni secondarie idealmente entro 4 ore dall’evento  
  • La compromissione delle vie aeree e una insufficiente ventilazione sono comuni e devono essere rapidamente trattate
  • L’intubazione orotracheale in ambito preospedaliero deve essere eseguita con l’ausilio di farmaci (SRI) e da medici addestrati
  • L’ipotensione è un fattore di rischio indipendente per la mortalità ; piccoli boli di cristalloidi possono essere somministrati se necessario

    

 

Luigi Blarsain Editorial Board MedEmIt - Medico Emergenza territoriale DEA ASS 6 Friuli Occidentale - IRC/ERC ALS Director Course - ATLS instructor ACS. Prehospital management of severe traumatic brain injury C.L.Hammel J D Henning BMJ 2009;338:b1638) 

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