
FOCUS SUL DIPARTIMENTO D’EMERGENZA. Angelamaria Santoro, MD – PS di Roma
Nel 1958 venne pubblicata sul New England Journal of Medicine (The Emergency Room and the Changing Pattern of Medical Care. N Engl J Med 1958; 258:20-25) un’indagine retrospettiva sull’attività del Dipartimento d’Emergenza (DE) dell’Hartford Hosptital-Connecticut. L’analisi mostrava come negli anni 1944-55 le visite fossero aumentate di sei volte e che, sebbene la struttura fosse dedicata alle emergenze, i ricoveri assommavano al 16%. Analoghi risultati dai dati di una indagine di sorveglianza svolta in altri 90 ospedali.
Nonostante la spiegazione iniziale fosse legata alla carenza dei medici negli anni della II Guerra Mondiale, il periodo seguente vide un ulteriore incremento degli accessi al DE. Le risposte fornite dagli ospedali interpellati, a spiegazione del fenomeno erano 50% relative alla difficoltà dei pazienti a raggiungere il medico curante di notte e nei fine-settimana (negli USA negli anni ’50 sic! ndr) per un appuntamento urgente; 20% attribuivano l’incremento degli accessi agli incidenti stradali (in epoca antecedente allo sviluppo delle norme di sicurezza stradale); 13% sosteneva che i medici usassero l’ospedale per procedure precedentemente effettuate nei loro studi privati; 11% citava motivi economici.
Da quel lontano 1958 molto è cambiato: gli autisti e i barellieri delle ambulanze sono stati sostituiti da personale formato, i dipartimenti d’emergenza hanno visto la sostituzione dei medici a rotazione con medici d’emergenza certificati e organico autonomo. E’ superfluo anche ricordare i progressi della medicina d’emergenza, della rianimazione cardiopolmonare e delle manovre e procedure in grado di modificare il decorso delle patologie più gravi, tanto che in molti ospedali si sono sviluppati percorsi dedicati con team multidisciplinari per il trattamento delle sindromi coronariche acute, dell’ictus e delle altre emergenze.
Gli accessi continuano a crescere (nel 2008 124 milioni su 308 milioni di abitanti sono andati al DE di un ospedale). La complessità dei dipartimenti d’emergenza è cresciuta a causa della crescente prevalenza di patologie croniche (insufficienza renale, diabete, AIDS, tumori) e della disponibilità di nuove metodiche diagnostiche, ma il DE ricovera più o meno la stessa percentuale di pazienti (16,5%).rispetto a 50 anni fa.
Il DE rimane focalizzato alle patologie urgenti dal momento che 8% delle visite sono non urgenti mentre i codici ad alta priorità sono più del doppio. Il DE di un ospedale consuma 3% delle risorse dell’ospedale, impiega 4% del personale, eroga 11% delle visite, 28% delle prestazioni urgenti e quasi la metà dei ricoveri.
Il DE rappresenta lo specchio del sistema sanitario di un Paese:
- Se il sistema è sottodimensionato, aumentano le malattie prevenibili da vaccinazioni, patologie correlate al fumo, incidenti evitabili, intossicazioni alimentari etc.
- Se le cure primarie non vengono erogate con efficacia, le sale d’attesa saranno piene di pazienti con problemi lievi e non urgenti.
- Se l’amministrazione dell’ospedale è inefficiente e inadatta a regolare il flusso dei pazienti, le sale si intasano di pazienti gravi stabilizzati che non hanno disponibilità nel reparto di destinazione.
Il moderno DE offre due diverse visioni del futuro:
- Se ci saranno difficoltà sempre crescenti nell’accesso alle cure primarie con orari e prestazioni rigidi e di difficile accesso il DE sarà affollato e con lunghe attese, senza privacy, con personale sovraffaticato e con la buona prospettiva di errori medici.
- Se il servizio sanitario del futuro sarà accentrato sui bisogni dei pazienti e non sulla convenienza dei soggetti erogatori del servizio, il flusso informativo seguirà il paziente nel suo percorso dal medico curante al sistema d’emergenza, all’ospedale, all’ambulatorio in modo da erogare le cure corrette nel posto giusto.
“Il miglior modo di predire il futuro è cominciare a costruirlo” (Peter Drucker)
Come medici abbiamo il potere di determinare che cosa sarà scritto su di noi fra 50 anni. Che futuro vogliamo per i nostri pazienti? A noi la scelta.
COMMENTO
I pochi dati disponibili al pubblico confermano che la situazione per alcuni punti è simile a quella degli Stati Uniti. In Italia nel 2005 quasi 4 abitanti su 10 si sono recati in pronto soccorso, il ricovero è avvenuto in percentuale di 17,88% (dati ISTAT). Nel 2008 nel Lazio codici ad alta priorità (rossi e gialli) 20% circa e codici bianchi poco meno di 10% (dati ASP-Lazio). Infatti, chi non ha riconosciuto in queste considerazioni i problemi dei nostri DE?
Le visite non urgenti nel DE sono segno di cattivo uso da parte dei pazienti o sono un segno di malfunzione delle cure primarie ?
La politica del ticket sui codici bianchi che nei due anni precedenti non ha migliorato la gestione dei DE e non ha incrementato gli introiti (moltissime esenzioni), mira a risolvere il problema delle cure primarie, si prefigge di ridurre gli accessi al DE oppure tenta, senza riuscirci, di fare cassa?
Le sale OBI intasate sono piene di pazienti che devono accedere al ricovero, o che non riescono ad avere una diagnosi e un percorso, oppure che non trovano cure territoriali adeguate?
Possiamo fare un analisi dei bisogni delle nostre sale di attesa e tentare soluzioni razionali senza ricadere sul solito “mancano le risorse!”?
La scarsa tenuta degli organici nel DE è legata alla scarsa motivazione dei singoli o a una inadeguata gestione degli incentivi alla motivazione?
Siamo in grado di dividerci le responsabilità in quanto professionisti del sistema?
“Il miglior modo di predire il futuro è cominciare a costruirlo” (e la responsabilità è direttamente proporzionale all’incarico ricoperto e al potere gestibile).
Angelamaria Santoro, Dirigente medico Pronto Soccorso Ospedale Santo Spirito di Roma. Arthur L. Kellermann and Ricardo Martinez. The ER, 50 Years On. N Engl J Med 2011; 364:2278-2279
(Dedicated to the Wise-Man R.SJV)
Bertolt Brecht
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