CROWDING: AFFOLLAMENTO in PRONTO SOCCORSO ed EFFETTI sulla PROGNOSI dei PAZIENTI. Cecilia Deiana, nurse, coordinatrice infermieristica PS Torino
L’affollamento nel DEA è diventato un aspetto nell’erogazione di cure di alta qualità nei dipartimenti di tutto il mondo ed è un problema critico che affligge da solo più di 114 milio di pazienti annualmente negli USA (Institute of Medicine, 2006; Pitts, Niska, Xu, & Burt,2008; Richardson, 2006). In accordo con la task force per le risorse nel caso di affollamento nel 2002, il DEA è considerato affollato quando le richieste in emergenza sono superiori alle risorse disponibili (Asplin et al., 2003). L’ACEP (American College of Emergency Physicians) nel 2002 ha definito che può essere quantificabile quando “le risorse inadeguate per garantire le richieste dei pazienti portano a ridurre la qualità delle cure”. Nel 2006 l’Institute of Medicine (IOM) pubblicò una serie di reports sulla situazione di sistemi di emergenza negli USA che erano sopraffatti e sottofinanziati. In risposta a tali report la Joint Commission ha considerato che ogni ospedale deve avere un piano per affrontare il crescente problema dell’affollamento nel dipartimento di emergenza (Fee, Weber, Maak, & Bacchetti, 2007). Tuttavia solo pochi ospedali sono stati in grado di sviluppare strategie per combattere la quotidiana situazione di affollamento. Molti fattori come, l’aumento degli accessi, la riduzione dello staff infermieristico, la diminuzione dei posti letto, l’aumento delle condizioni di acuzie dei pazienti e l’aumento del numero di pazienti in carico in DEA, contribuiscono all’affollamento (Magid, Asplin, &Wears, 2004; Weiss, Ernst, & Nick, 2006).
In attesa di comprendere le cause e le implicazioni di questa situazione le ricerche continuano. Il numero di articoli che si focalizzano su questo tema aumentano incredibilmente ogni anno sebbene l’affollamento fosse stato per primo descritto più di vent’anni fa.
La maggior parte delle ricerche attualmente concentrano la propria attenzione a livello organizzativo. Problematiche urgenti, una divisione della fondazione Robert Wood Johnson, è divenuta l’organizzazione leader nelle ricerche sui dipartimenti di emergenza ed ha focalizzato la sua attenzione nel ricercare le “best practice” per indirizzare le strutture in caso di sovraffollamento nei dipartimenti di emergenza. Inoltre si è focalizzata su come migliorare il flusso dei pazienti. Tuttavia poca attenzione è stata data agli effetti dell’affollamento sugli outcome dei pazienti.
Nei periodi di affollamento le infermiere dell’emergenza riportano diminuzione della qualità assistenziale erogata ai pazienti (Pines, Garson, et al., 2007). Le misure di qualità delle cure sono gli outcome che descrivono l’impatto sulla salute delle prestazioni erogate dal sistema sanitario (Centers for Medicare & Medicaid Services, 2007). L’obiettivo di questa revisione bibliografica è di sintetizzare gli articoli che approfondiscono gli outcome correlati alla qualità di cure ed all’affollamento.
Metodi
E’ stata effettuata una ricerca su PubMed di tutti gli articoli che includono le parole “ED” o “ emergency department” con “crowding”. Non vi è consenso sulla parola “crowding” come situazione misurabile, non esiste una soglia definitiva per definire se uno studio ha effettivamente misurato l’affollamento in DEA. Tutti gli articoli non scritti in inglese sono stati esclusi. Sono stati inclusi solo quelli con un disegno di ricerca qualitativo mentre sono stati esclusi quelli che si focalizzavano solo sulle cause di sovraffollamento.
Risultati
La ricerca ha rilevato un totale di 276 articoli, 23 dei quali si focalizzano sugli outcome dei pazienti correlate all’affollamento in DEA. (fig. 1)

Molti studi erano su popolazioni ampie provenienti da numerosi ospedali. Gli outcome correlati alla qualità dell’assistenza includono: il ritardo nella somministrazione antibiotica o del controllo del dolore, quello relative agli interventi cardiovascolari, la diminuzione della soddisfazione del paziente e l’aumento della mortalità. I 23 articoli di ricerca esaminati associano gli outcome con l’affollamento del DEA e raggruppano le problematiche in tre categorie:
- ritardo di trattamento ( per es. PTCA in caso di IMA, ritardo nella somministrazione di antibiotici, antidolorifici e trombolitici)
- riduzione della soddisfazione
- aumento della mortalità
Discussione
Tutti e 23 gli articoli hanno come primo autore un medico, solo in 4 è presente un infermiere tra gli autori. Tuttavia ci sono numerose pubblicazioni relative alla qualità dell’assistenza infermieristica nei dipartimenti di emergenza, nessun report associa gli indicatori infermieristici di qualità delle cure all’affollamento delle strutture. Questo elemento potrebbe essere di interesse per future ricerche.
Ritardato intervento
Undici studi esaminano gli effetti sulla ritardata somministrazione antibiotica, analgesica e di intervento percutaneo cardiaco. Il ritardo di questi interventi comporta come effetto per i pazienti dal semplice inconveniente fino a danni severi sulla salute.
- La ritardata somministrazione di antidolorifici comporta una non dovuta sofferenza nei pazienti con dolore acuto (Barrett & Schriger, 2008), dolore alla schiena (Pines, Shofer, Isserman, Abbuhl, &Mills, 2010), frattura del femore (Hwang, Richardson, Sonuyi, & Morrison, 2006), o altre condizioni traumatiche delle estremità dolorose (Abbuhl & Reed, 2003).
- La ritardata somministrazione di aspirina o di farmaci trombolitici può avere effetto sulla severità del danno miocardico (Reikvam & Aursnes, 1999) e cerebrovascolare nei pazienti (Roden-Jullig, Britton, Malmkvist, & Leijd, 2003).
- La ritardata somministrazione di antibiotici è stata associate all’aumento della degenza nei pazienti con polmonite di comunità (Blotet al., 2007) e della mortalità nelle patologie meningococciche (Bugden, Coles, & Mills, 2004).
Ritardo nell’antibioticoterapia
Tre studi hanno focalizzato gli effetti dell’affollamento sulla somministrazione antibiotica (Fee et al., 2007; Pines, Hollander, Localio, & Metlay, 2006; Pines, Localio, et al., 2007). Gli studi riguardano pazienti in età adulta. Due di questi si limitano al contesto di un ospedale, mentre uno include i pazienti provenienti da 24 ospedali (Pines et al., 2006). Il campione varia da 405 a 694 pazienti. Tutti gli studi sono descrittivi con ricerca retrospettiva.
Ciascuna ricerca ha utilizzato metodi diversi per misurare l’affollamento. Pines et al. (2006) ha utilizzato il tempo di permanenza in DEA e la frequenza di pazienti che hanno abbandonato la struttura prima di essere visitati. Fee et al. (2007) ha studiato il volume degli accessi in quanto non vi è unanime accordo sulla definizione di affollamento nelle strutture di emergenza. Pines and colleagues (2007) hanno determinate il livello di affollamento attraverso due variabili di ingresso, la prima il tempo di attesa al triage ed il secondo il numero di nuove registrazioni di pazienti nell’arco di 6 ore; e due variabili di uscita, la prima la media aritmentica del tempo di permanenza dei pazienti dimessi entro le 6 ore dal triage e la seconda la media aritmetica dei pazienti ricoverati entro le 6 ore dal triage. A cui si sono aggiunte le ore totali di assistenza erogate per ogni paziente.
Tutti i ricercatori riportano la correlazione tra affollamento e ritardi assistenziali.
Pines et al. (2006) ha constatato che il tempo di permanenza è inversamente correlato con la probabilità di ricevere somministrazione antibiotica entro le 24 ore. Fee et al. (2007) hanno constatato che la somministrazione antibiotica entro le 4 ore era minore all’aumentare del campione. Pines, Localio, et al. (2007) hanno evidenziato l’associazione tra l’aumento del sovraffollamento in pronto soccorso ed il ritardo nella somministrazione antibiotica. Quando il tempo di attesa ed il tempo di permanenza in PS era all’interno del primo quartile, la probabilità attesa di ritardo nell’antibioticoterapia entro le 4 ore era del 31%. Qualora le variabili in oggetto si posizionavano nel quarto quartile la probabilità aumentava al 72%. Gli autori hanno spiegato come queste variabili di sovraffollamento prese in considerazione erano state scelte e adattate da una lista di potenziali (Solberg, Asplin, Weinick, & Magid, 2003) ed assegnate al triage, scelta ricaduta sulla loro semplicità, facilità di rilevazione e validità.
Naturalmente non esiste evidenza che la validità di contenuto sia stata raggiunta.
Fee et al. (2007) hanno presentato i loro risultati mediante l’odds ratio. Sebbene si dimostri che aumenti il rischio di ritardo all’aumentare del numero di pazienti questo non consente di poter disporre di informazioni di quanto questo tempo aumenti in rapporto all’incremento di pazienti. Tutti e tre gli studi evidenziano un grado di danno da ritardo nell’antibioticoterapia che dipende dalla tipologia di problema presentato dai pazienti presi in carico dal pronto soccorso. Dato che l’antibioticoterapia è utilizzata per molte tipologie di infezione, un ritardo ad esempio per un otite sarà meno grave come effetti rispetto ad una potenziale meningite batterica.
Quindi il ritardo della somministrazione può comportare complicanze assai diverse in base alle condizioni del paziente che non possono esaminate separatamente.
Ritardo nelle procedure cardiovascolari
In particolare sono stati individuati tre articoli che correlano il sovraffollamento in PS con il ritardo nella somministrazione dei trombolitici o dell’esecuzione di interventi cardiovascolari percutanei (Kulstad& Kelley, 2009; Pines et al., 2006; Schull, Vermeulen, Slaughter, Morrison, & Daly, 2004). In altri tre articoli con studi descrittivi retrospettivi con campioni di adulti che variavano da 17 del singolo ospedale fino a 3452 di 25 ospedali dell’Ontario in Canada nei quali sono stati messi in rapporto il sovraffollamento con il tasso di abbandono prima della visita (Pines et al., 2006), la scala di EDWIN (Kulstad & Kelley 2009) il dirottamento delle ambulanze (Schull et al., 2004).
I risultati di questi studi variano. Pines et al. (2006) dimostrano che l’assenza di misure per l’affollamento è associato con il tempo dei interventi cardiovascolari (PCI) nei pazienti con IMA e che vi sono, Kulstad and Kelley (2009) differenze in questo tempo a seconda della situazione da alto o basso affollamento; Schull et al. (2004) che esso aumenta nei momenti di sovraffollamento. Probabilmente in quei DEA dove esistono servizi cardiologici specializzati o personale si presenta meno l’esperienza di ritardo nell’interventistica cardiovascolare indipendentemente dall’affollamento.
Ritardo nella gestione del dolore
Cinque studi esaminano la relazione tra affollamento del DEA e gestione del dolore (Hwang et al., 2006, 2008; Mills, Shofer, Chen, Hollander, & Pines, 2009; Pines & Hollander, 2008; Pines et al., 2010). Il campione in questi studi varia da 158 a 13758 soggetti. Il sintomo di presentazione della popolazione in studio include la frattura dell’anca, il mal di schiena ed il dolore addominale severo. Tutti gli studi sono stati retrospettivi con disegno descrittivo. Questi studi dimostrano tutti la scarsa gestione del dolore nei momenti di sovraffollamento del DEA.
Hwang et al. (2008) ha definito come set di outcome rilevati: la documentazione della valutazione del dolore, i farmaci prescritti ed il tempo di somministrazione. Sebbene non si siano ritrovate differenze nella documentazione e nel follow-up era invece significativo il tempo di presa in carico (r =0.22, p < .0001) come quello relativo al tempo di somministrazione (r = 0.25, p < .0001).
Pines and Hollander (2008) hanno dimostrato che il non trattamento era associato a vari livelli di sovraffollamento (OR = 1.02).
Diminuzione della soddisfazione
Sono stati individuati cinque articoli di ricerca che esaminano l’associazione tra sovraffollamento e diminuzione della soddisfazione del paziente(McMullan & Veser, 2004; Pines, Garson, et al., 2007; Pines et al., 2008; Sun et al., 2000; Vieth & Rhodes, 2006). Il campione preso in considerazione varia da 629 a 2899 soggetti. Tutti gli studi, eccetto uno (McMullan & Veser, 2004), che teniamo separato senza presentare i dati, dove i risultati sono questionari somministrati a medici, infermieri e pazienti. Tutti gli studi sono di tipo descrittivo e sostanzialmente mostrano la correlazione tra aumento dell’affollamento in DEA e la riduzione della soddisfazione del paziente /visitatore. I valori di affollamento variano all’interno di tutti gli studi.
La ricerca di Pines et al. (2008) si differenzia dagli altri studi perché esamina l’associazione tra i fattori correlati all’affollamento in DEA e il grado di soddisfazione dei pazienti verso il dipartimento di emergenza e verso il resto della struttura ospedaliera. Naturalmente, solo uno degli aspetti del questionario è andato a rilevare in modo generale il grado di percezione del paziente che raccomanderebbe ad altri soggetti la struttura. Il grado di affollamento è stato misurato tenendo in considerazione: il numero di pazienti in sala d’attesa, la percentuale di occupazione del DEA in rapporto agli spazi disponibili e il numero di passaggi dei pazienti.
Aumento della mortalità
La mortalità è una variabile di out come del paziente comunemente utilizzata come indicatore della qualità delle cure. I ricercatori più importanti nell’ambito della ricerca sul sovraffollamento in PS usano la mortalità come indicatore nella rilevazione degli eventi avversi sui pazienti (Robert Wood Johnson Foundation, 2004). Ci sono però dei limiti di utilizzo di questo indicatore in quanto non è ritenuto rilevante nella valutazione della qualità ed è pertanto considerato un indicatore di basso livello. E’ indubbio che un paziente malato tumorale terminale arriva in PS desiderando di morire in pace senza dolore e quindi la frequenza di mortalità non ha senso se non nel garantire le migliori cure al paziente rispettando i suoi desideri.
I morti sono una variabile dicotomica e non rappresentano lo spettro dei potenziali out come dei quali il paziente può avere esperienza in DEA. Storicamente vi è una mancanza di chiarezza rispetto alle misure della qualità (Department of Health, 2008; Klein, Malone, Bennis, & Berkowitz, 1961) nonostante la mortalità e l’affollamento in DEA abbiano delle implicazioni sia sulle attività che sulla ricerca. Otto studi prendono in considerazione l’associazione tra affollamento e mortalità (Chalfin, Trzeciak, Likourezos, Baumann, & Dellinger, 2007; Diercks et al., 2007; Fatovich, 2005; Gilligan et al., 2008; Miro et al., 1999; Richardson, 2006; Shenoi et al., 2009; Sprivulis, Da Silva, Jacobs, Frazer, & Jelinek, 2006). Nonostante la modalità di rilevazione dell’affollamento sia differente in ogni studio, la maggior parte di essi rileva correlazioni tra questo aspetto e l’aumento della mortalità.
Richardson (2006) ha effettuato uno studio retrospettivo di coorte di 48 settimane in un DEA australiano, nel quale ha confrontato la mortalità durante i turni classificati come sovraffollati rispetto ai turni classificati come non sovraffollati. Nei 736 turni di entrambe le categorie sono avvenuti 144 decessi nei turni sovraffollati e 101 in quelli non sovraffollati (0.42% e 0.31%, rispettivamente; p = .025) con un rischio relativo a 10 gg. per mortalità di 1.34 (95% CI = 1.04–1.72). Nonostante l’autore descriva che i pazienti durante il sovraffollamento ricevono una qualità di cure inferiori in termini di performance (inizio di un adeguato trattamento a partire dal triage, tasso di abbandono senza essere visitato e pazienti in carico in PS) si tratta di dati solo descrittivi e non di una analisi statistica che possano verificare le conclusioni dedotte. Inoltre l’autore utilizza come tasso di occupazione il 75% per definire il sovraffollamento. Spiega inoltre che la definizione scelta per sovraffollamento è stata mediata per ottenere coorti simili. Probabilmente questa scelta e la possibilità che una popolazione di pazienti più acuti abbiano contribuito ad aumentare il tasso di mortalità spiegando questi risultati così significativi.
Probabilmente una definizione più complessiva avrebbe consentito più forti correlazioni tra mortalità e affollamento. Un altro limite è stato l’utilizzo per l’analisi dei dati della regressione logistica, la dicotimizzazione dei livelli di affollamento non consente un’analisi di come può differire la mortalità tra due gruppi di DEA sovraffollati e non sovraffollati. Sprivulis et al. (2006) ha studiato gli effetti dell’affollamento sulla mortalità in pazienti adulti utilizzando un studio retrospettivo nelle strutture di emergenza australiane. Gli autori hanno utilizzato il tasso di occupazione come indicatore dell’affollamento in PS e lo hanno confronto con i decessi al 2°, 7° e 30° dopo l’ingresso in emergenza. Hanno sviluppato una scala di rischio da sovraffollamento “Overcrowding Hazard Scale” per testare gli effetti combinati rispetto all’occupazione in ospedale e nel dipartimento di emergenza. Mediante una regressione logistica di analisi hanno valutato le differenze demografiche e cliniche dei pazienti deceduti a 30 gg rispetto al tempo di permanenza in DEA (risk ratio per ora di permanenza, 1.1; 95% CI = 1.1–1.1; p < .001) e tempo di attesa alla visita medica (risk ratio per ora di attesa, 1.2; 95% CI = 1.1–1.3; p = .01). Utilizzano la regressione di Cox è stata individuata una correlazione lineare tra la “Overcrowding Hazard Scale” e l’aumento della mortalità entro 7 gg. (r = .98;95% CI = 0.79–1.00). Purtroppo non è stato fornito nessun report sulla validità e affidabilità dello strumento.
Comunque la correlazione reale tra sovraffollamento e mortalità non può chiaramente essere stabilita attraverso questa misura. Un studio trasversale retrospettivo effettuato da Shenoi et al. (2009) ha utilizzato la numerosità di dirottamento delle ambulanze per sovraffollamento e la prevalenza di questo fenomeno in rapporto con mortalità in 11 ospedali pediatrici. Nell’analisi di 63780 passaggi di PS hanno riscontrato che 4095 (6.4%) bambini erano stati accettati durante i periodi di utilizzo del dirottamento delle ambulanze. L’analisi bivariata ha mostrato che tale dirottamento era protettivo rispetto alla mortalità (OR = 0.51; 95% CI = 0.34–0.77). E’ chiaro che lo studio ha dimostrato solo effetti limitati all’affollamento perché il dirottamento riduce il grado di affollamento nel periodo di utilizzo.
In modo similare uno studio retrospettivo effettuato da Fatovich (2005) esamina il tasso di mortalità nei pazienti in una struttura di emergenza australiana durante i periodi di dirottamento dimostrando una statisticamente significativa riduzione. I risultati di questo studio indicano che tale modalità di risposta al sovraffollamento riduce l’afflusso, tale riduzione consente allo staff di poter rispondere ai bisogni dei pazienti già presenti nella struttura. Gli autori però non riportano dati rispetto alla mortalità dei pazienti dirottati presso altre strutture. I risultati di questi studi sono mescolati. Quando il dirottamento viene utilizzato come indicatore dell’affollamento in PS la mortalità dei pazienti già presenti in struttura decresce. Tuttavia gli studi effettuati da Richardson (2006) e Sprivulis et al. (2006) dimostrano che se si utilizzano delle modalità alternative per misurare l’affollamento in PS esiste una correlazione tra mortalità e affollamento. Dati i risultati, però, sono necessari ulteriori studi per garantire validità ed affidabilità delle misure di sovraffollamento.
Indirizzi futuri
Le attuali ricerche rispetto alla qualità delle cure hanno focalizzato tre aspetti: la soddisfazione dei pazienti, la mortalità ed il ritardo di esecuzione di terapie o procedure. Per meglio comprendere le implicazioni del fenomeno del sovraffollamento sono necessari ulteriori approfondimenti rispetto agli indicatori di qualità come grande potenziale per sviluppare processi di erogazione di alta qualità indipendentemente dalla presenza del fenomeno affollamento. Ogni anno ormai il fenomeno assume una maggiore prevalenza (American Academy of Emergency Medicine, 2006) pertanto gli infermieri devono essere in grado di garantire prestazioni sicure anche in presenza di sovraffollamento.
Indicatori di outcome
La misurazione degli effetti dell’affollamento sui pazienti è limitata. Si ha una scarsa ricerca disponibile rispetto ad indicatori infermieristico-sensibili come la capacità di evitare complicanze derivanti da trattamenti, errori di comunicazione / successi, infezioni nosocomiali e cadute nei pazienti nelle strutture di emergenza. Ad esempio gli studi sugli errori terapeutici in PS sono confusi per sottostima del personale (Croskerry & Sinclair, 2001; Francis, Spies, & Kerner, 2008; Horwitz et al., 2008; Hostetler et al., 2007; O’Neill, Shinn, Starr, & Kelley, 2004; Trzeciak & Rivers, 2003). Nessuno studio esamina l’errore ed il suo recupero, le comunicazioni mancate o indicatori correlati ai processi infermieristici nei periodi di sovraffollamento.
Per ottenere un più preciso quadro dei reali effetti del sovraffollamento un più ampio spettro di outcome deve essere esaminato. La polmonite nosocomiale è stata una delle prime aree identificate da TJC come misura della qualità di cura ospedaliera e nonostante il risultato di 4 ore di terapia antibiotica è stato messo in atto per tali pazienti altri indicatori di confronto come l’impatto del volume di pazienti rispetto a questo intervento non è stato studiato. La dimostrazione della correlazione tra volume di attività e qualità delle cure è importante per il mantenimento delle risorse per affrontare questa problematica e per migliorare la capacità di ottenere elevati standard qualitativi. Una strategia per costruire tale correlazione tra i concetti di erogazione delle cure nei DEA è l’utilizzo del modello “Input-Throughput-Output” (Asplin et al., 2003) che potremmo tradurlo come di “percorso” ovvero ingresso- permanenza e dimissione. Questo modello è stato già adottato da altri ricercatori per valutare gli outcome nelle strutture di emergenza con il problema dell’affollamento (Pines, Localio, et al., 2007; Schull et al., 2004; Viethe & Rhodes, 2006). Utilizzando un disegno concettuale forte questo può aiutare nel costruire e definire gli elementi costitutivi di cosa vuol dire alta qualità in un dipartimento di emergenza.
La presenza degli infermieri nella ricerca
Poche valutazioni sono state effettuate per esaminare i processi assistenziali messi in atto dagli infermieri nel caso di affollamento dei dipartimenti di emergenza. Non è importante quanti pazienti sono presenti, gli infermieri di emergenza e quelli specializzati sono comunque sempre chiamati ad effettuare la valutazione del paziente, a rilevare i parametri vitali, effettuare assistenza, medicazioni ed a educare il paziente nella fase di dimissione e follow-up.
Le attuali ricerche non consentono di ottenere informazioni relative agli effetti che il sovraffollamento ha sulla qualità delle cure erogate dagli infermieri. Le ricerche necessitano di essere condotte per esaminare la correlazione tra gli indicatori di outcome infermieristico e il grado di affollamento del DEA. Affinché il fenomeno possa essere letto in modo completo è necessario che i ricercatori analizzino maggiormente le conseguenze e non solo le cause dell’affollamento. Attraverso l’analisi della correlazione tra affollamento ed indicatori infermieristico sensibili, i ricercatori possono dare evidenza su che cosa si poggia l’assistenza infermieristica. Per esempio, attraverso l’analisi dei fattori che influenzano la frequenza con la quale gli infermieri raccolgono le informazioni, le interpretano e rispondono può essere alterata durante il sovraffollamento. In che modo gli infermieri rispondono al cambiamento delle condizioni clinico-assistenziali del pazienti e le modalità del flusso comunicativo durante tali periodi di iperattività possono essere focus di future ricerche.
Indirizzarsi verso ulteriori tipologie di pazienti
Le ricerche hanno preso in considerazione il ritardo nella terapia antibiotica o nella trombo lisi nei pazienti con ictus o IMA, nell’esecuzione dell’ecg, nella somministrazione dell’aspirina negli infartuati e nella somministrazione di analgesici nella frattura del femore. Ma molte altre condizioni che affliggono i pazienti nei DEA non sono state incluse. Nessuna analisi è stata effettuata sui pazienti con dolore addominale di origine sconosciuta, con cefalea, dolore toracico non cardiaco o molte altre categorie di pazienti con presentazioni comuni o con bassa priorità.
Rilevanza per gli infermieri
Gli infermieri devono migliorare e rendere efficace e sicura l’erogazione delle cure assistenziali attraverso la comprensione di come il sovraffollamento in DEA influenza la loro pratica professionale e gli esiti sul paziente delle loro cure. Gli infermieri che lavorano nei DEA devono continuare a studiare gli effetti del sovraffollamento sui loro pazienti e, valutare i fattori ed le potenziali barriere al processo di monitoraggio degli interventi assistenziale nel rispetto delle conoscenze EBN possedute in relazione alle attività assistenziali ed alla loro formazione. Definendo gli ostacoli ed i sistemi facilitatori si possono monitorare i diversi livelli di affollamento come grande potenziale di informazioni per contribuire a garantire alti livelli di cura. Una bassa qualità o la mancanza di cure di qualità posso causare un aumento della mortalità e contribuire ad una riammissione del paziente nel Dea, una scarsa comunicazione tra lo staff clinico e la perdita dell’opportunità di fornire un’adeguata educazione al paziente nell’auto gestione comporta sofferenze inutili e contribuisce ad un’insoddisfazione del paziente/famiglia nei confronti della struttura o dell’erogatore della prestazione. Per esempio, monitoraggio e sorveglianza in particolare dei segni vitali, del livello di coscienza e della risposta al trattamento da parte del paziente è comunemente valutato come un intervento prioritario del processo infermieristico.
Una disciplina è “caratterizzata da un’unica prospettiva, seppure con una modalità distinta di osservare i fenomeni” (Donaldson & Crowley, 1978). Anche se la maggior parte della ricerca sul sovraffollamento è stata generata da medici o redattori di procedure/protocolli, entrambi sono carenti della prospettiva, che è unica, contributo proveniente dei ricercatori infermieristici. Gli studi condotti dalla professione medica si focalizzano su come affrontare i problemi dell’affollamento e non su come il problema ricade sui pazienti. Costruendo conoscenza rispetto agli indicatori infermieristici sull’outcome dei pazienti nelle condizioni di affollamento perché fondamentale per le attività infermieristiche e quelle educative. La condizione di sovraffollamento è comune e ricorrente nelle attività infermieristiche in emergenza. Le linee guida/protocolli sono state inviate dal TJC per dare degli indirizzi relativi a questo argomento, la loro implementazione ha un impatto diretto di come deve essere la risposta nella pratica.
Florence Nightingale (1820/1910) scrisse che il ruolo dell’assistenza infermieristica è di “mettere il paziente nelle migliori condizioni possibili affinchè la natura possa agire su di lui” (Nightingale, 2003). Questa dichiarazione ha guidato l’assistenza infermieristica a focalizzarsi sul miglioramento della qualità delle cure, nel contempo ha fatto propri i mandati di standard assistenziali provenienti dall’agenzie regolatrici erogando ai pazienti anche un’atmosfera positiva. Il contributo infermieristico di eseguire prestazioni sicure nelle condizioni di sovraffollamento può favorire la riduzione o la prevenzione degli outcome avversi.
Conclusioni
Gli effetti dell’affollamento nel DEA sulla soddisfazione dei pazienti, sul ritardo nella somministrazione terapeutica e sulla mortalità sono ben documentati. Gli studi dimostrano che la qualità delle cure è fortemente impattata durante questi eventi con la risultante di un ritardo nei trattamenti e nella sommistrazione terapeutica, riduzione soddisfazione del paziente o anche il decesso. Purtroppo il sovraffollamento è un problema complesso di non facile soluzione. Pertanto è necessario che lo staff e gli amministratori ricevano informazioni su come fornire cure di qualità indipendentemente dalle condizioni di affollamento.
I ricercatori concordano che molti fattori concorrono all’affollamento del DEA:
- poche strutture ospedaliere a livello nazionale
- carenza personale infermieristico
- diminuzione dei letti per accogliere i pazienti da ricoverare
- aumento del volume dei pazienti
- aumento dei pazienti acuti
- aumento dei pazienti in carico in DEA
(Bernstein, Verghese, Leung, Lunney, & Perez, 2003; Estey, Ness, Saunders, Alibhai, & Bear, 2003; Magid et al., 2004; Raj, Baker, Brierley, & Murray, 2006).
Dato che pochi di questi fattori sono aggredibili (ad es è impensabile che vengano costruiti nuovi ospedali, aumento dei posti letto per ricovero o diminuzione della condizione di criticità dei pazienti) è necessario pensare a strategie efficaci sull’ottimizzazione focalizzando gli outcome di processo dei pazienti che consentono di mantenere elevati standard di assistenza anche durante i periodi di sovraffollamento. Gli infermieri hanno una unica e valutabile prospettiva nell’identificare modalità sicure nelle attività infermieristiche ed è urgente analizzare le modalità operative che sostengono un ottimale outcome del paziente indipendentemente dalle condizioni dalle condizioni di affollamento del DEA.
Cecilia Deiana, Infermeire dirigente SC Medicina urgenza e Pronto soccorso presso Presidio Gradenigo. The Effect of Emergency Department Crowding on Patient Outcome. Kimberly D. Johnson, BSN, RN, Chris Winkelman, PhD, RN, Advanced Emergency Nursing Journal January–March 2011 Vol. 33, No. 1, pp. 39–54
(Dedicated to the Wise-Man R.SJV)

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