
CI ERAVAMO TANTO AMATI … (adrena)LINA. G. Alberto, MD – Associate editor MedEmIt – PS di Borgosesia
Le lettrici di nome Lina non me ne vogliano. Un nome all'articolo lo si deve pur dare.
Alzi la mano (tanto nessuno vi vede) chi di noi non ha assaporato la sensazione di onnipotenza che proviene dal ripristino di una circolazione spontanea a seguito di una rianimazione cardiopolmonare...abbiamo strappato una vita all'eterna nemica morte, abbiamo vinto una battaglia con la nostra amata e fedele Lina (ok, Adrenalina!) accanto.
Già, ma i termini amore e fedeltà corrispondono a utilità nel contesto clinico dell'arresto cardiaco? O semplicemente la sua compagnia rende meno incerto il nostro incedere in situazioni così estreme?
Il paziente da noi salvato va ricoverato in rianimazione/UTIC...e poi che ne è di lui? Sarà stato dimesso? Quale sarà il suo stato neurologico? Che risultato a distanza ha avuto il nostro sforzo, che prezzo ha pagato il paziente perchè per un solo, vabbè forse due o tre.. attimi ci sentissimo onnipotenti?
Da anni si dibatte l'argomento con grande fatica, dispendio di energie e risorse economiche e scarsi risultati sul piano pratico. Si sa, o pare di sapere, che l'adrenalina aumenta la perfusione coronarica e cerebrale...aumentando allo stesso tempo le aritmie cardiache e il consumo di ossigeno. Un colpo alla botte e uno al cerchio insomma.
Il 21 marzo con i ciliegi in fiore che riempiono di profumi il Giappone tanto che laggiù si fa festa per un giorno, JAMA pubblica un articolo proveniente dal Sol Levante che fornisce una prima prova scientificamente convincente sull'utilizzo dell'adrenalina a promuovere la sopravvivenza dopo la dimissione dall'ospedale con un buono stato neurologico e di performance fisica. Vi aspettate un perfetto trial randomizzato in doppio cieco, di quelli che ti chiedi se sono applicabili nel mondo reale? Non lo è.
È uno studio osservazionale basato sul registro nazionale degli arresti cardiaci extraospedale da cui è stato estratto un campione di 417.188 pazienti (leggete bene, quello è il numero giusto) sottoposti a rianimazione cardiopolmonare e a cui è stata somministrata o no adrenalina. Per cercare di eliminare il rumore di fondo dovuto ai fattori confondenti e alle differenze inevitabilmente presenti tra il gruppo trattato con adrenalina e quello no, gli autori hanno usato la tecnica statistica ora di moda in medicina del propensity score matching. In breve: a ogni caso (= paziente trattato con adrenalina) ne hanno associato (matched) uno con caratteristiche del tutto analoghe che non era stato trattato con il farmaco.
I risultati a prima vista sono impressionanti: l'adrenalina aumenta significativamente il tasso di ripristino della circolazione spontanea, raddoppiandola. L'avevo sempre detto: di Lina ci si può fidare...eppure a meglio vedere sia la sopravvivenza a un mese che gli outcome di performance fisica e cerebrale ci dicono il contrario. Non solo l'adrenalina non è efficace ma è associata in modo robusto e statisticamente significativo a ridotta sopravvivenza e con scarsi outcome di performance.
Forse gli intervalli di confidenza ci lasceranno qualche dubbio: siamo troppo abituati a convivere con lei...in questo studio ben disegnato e di adeguata potenza statistica (ricordate lo spot Pirelli: la potenza è nulla senza controllo!) gli intervalli non contengono mai l'unità. L'adrenalina è dannosa.
Chi di voi è innamorato di questa vecchia “amica” o popperianamente scettico verso queste diavolerie statistiche moderne si consoli: solo un RCT (trial randomizzato e controllato) ben disegnato e di adeguato potere statistico potrà darci una risposta definitiva sotto il profilo della verità scientifica. E poi lo studio indaga gli arresti cardiaci extraospedalieri; e se in ospedale la somministrazione precoce dell'adrenalina insieme con la defibrillazione precoce fosse utile invece? Chi può dirlo ora?
Aspetta e spera avrebbe detto mio nonno...
A voler dir lo vero, qualche mese un gruppo australiano ci ha provato perbene. Si sa, sono ottimisti gli australiani, perciò più inclini a provarci: sole, mare, lontani dalla crisi dell'euro...un gruppo di loro ha pubblicato su Resuscitation (e dove sennò?) un RCT ben disegnato in cui si voleva valutare l'efficacia dell'adrenalina sugli stessi outcome del lavoro sopracitatoin un campione di soggetti in arresto cardiaco fuori dall'ospedale. Cito le conclusioni: “ l'uso dell'adrenalina migliora significativamente il numero di pazienti che hanno un ripristino di circolo spontaneo [ :-) ] in ambiente extraospedaliero ma non evidenzia una migliore sopravvivenza alla dimissione dall'ospedale forse per un insufficiente numero di pazienti “reclutati” [ :-( ]. Ci hanno provato, non sempre ci si riesce. Alla prossima!
Gianfrancesco Alberto, Associate Editor MedEmIt, Responsabile SS Pronto Soccorso Ospedale di Borgosesia (VC).
Bibliografia: 1) Prehospital Epinephrine Use and Survival Among Patients With Out-of-Hospital Cardiac Arrest. JAMA, March 21, 2012—Vol 307, No. 11; 2) Effect of adrenaline on survival in out-of-hospital cardiac arrest: A randomized double-blind placebo-controlled trial. Resuscitation 82 (2011) 1138– 1143
(Dedicated to the Wise-Man R.SJV)
Bertolt Brecht
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