CAUSE DI AFFOLLAMENTO: QUELLO PEDIATRICO NON E' UN PS PER ADULTI “IN MINIATURA”. Valeria Tromba, MD - Pediatria d'Urgenza - Policlinico Umberto I° di Roma

 

 Gli accessi pediatrici ai servizi di Emergenza-Urgenza nel nostro Paese costituiscono un fenomeno in costante aumento: si stima intorno ai quattro milioni/anno, nonostante la popolazione pediatrica sia sensibilmente diminuita. 

 

L’analisi della tipologia di flusso evidenzia che solo l’1% dei bambini condotti in Pronto Soccorso rappresenta una vera emergenza, mentre meno del 2% utilizza il 118. Ne consegue che le modalità di accesso non sono necessariamente da correlarsi con la gravità reale dei piccoli pazienti, la maggior parte dei quali ha un’età inferiore ai sei anni, non è stata visitata dal pediatra di famiglia prima dell’arrivo in ospedale, affluisce soprattutto nelle ore diurne e nei giorni festivi (mentre l’accesso di bambini in condizioni critiche è un evento persistente che si manifesta uniformemente sia durante le ore del giorno sia durante l’intera settimana). 

 

Tutto ciò ha comportato un notevole sovraffollamento delle sale d’attesa, con picchi soprattutto in determinati periodi dell’anno: per esempio nei mesi invernali o in corso di epidemie. Studi attuali, però, che utilizzano il modello di input/through-put/output (accesso-permanenza-dimissione/ricovero) propongono risposte differenti.

 

Questo modello concettuale di funzionamento di un PS (elaborato per la prima volta da Asplin) schematizza il funzionamento di un Dipartimento di emergenza in tre diversi componenti: una relativo all’accesso (in-put), una che riguarda lo stazionamento e il processo diagnostico/terapeutico all’interno del PS (through-put) e, infine, l’ultimo che è relativo alla “fuoriuscita” (out-put) dei pazienti nelle modalità decise: dimissione, morte, ricovero, trasferimento, e così via. 

 

Queste analisi, dicevo, sostengono l’ipotesi che le problematiche relative all’ouput, e non all’input, siano da individuarsi quale causa principale del sovraffollamento nel Pronto Soccorso. 

 

Al contrario, un recentissimo articolo pubblicato su Academic Emergency Medicine da Stang e coll. (Markers of overcrowding in a pediatric emergency department. Acad Emerg Med. 2010; 17:151–6) suggerisce che le cause di sovraffollamento possano essere di altra natura. Al riguardo, gli autori hanno utilizzato come indicatori 1) gli accessi 2) le procedure di Pronto Soccorso 3) il ritardo nei ricoveri 4) varie, ossia tutti quei dati relativi ai pazienti registrati dai sistemi computerizzati di un Pronto Soccorso Pediatrico. 

 

Dai loro studi si evince come i fattori che più strettamente sembrano correlarsi all’affollamento siano quelli relativi all’entità degli accessi e alle variabili di degenza, e non alla dimissione/ricovero. Del resto, come riportato all'inzio di questo editoriale, anche i dati relativi al nostro Paese evidenziano un costante aumento degli accessi in Pronto Soccorso e quindi l’input sembra effettivamente svolgere un ruolo rilevante tra i motivi di affollamento in sala d’attesa.

 

Le cause di tale fenomeno sono ancora poco chiare e le ipotesi formulate spaziano dalla scarsa fiducia riposta dai pazienti verso la pediatria del territorio e/o al mancato decollo dei servizi territoriali stessi (anche l’associazionismo finora non ha avuto un’applicazione tale da imprimere una svolta all’assistenza primaria), alle esigenze di tipo familiare (es. orario di lavoro dei genitori non compatibile con l’orario di studio del pediatra di famiglia), all’incapacità di gestire persino il più banale dei sintomi. all’accesso crescente (soprattutto nelle grandi aree metropolitane) di bambini stranieri.

 

Tutto ciò è causa di un utilizzo improprio dei Pronto Soccorso (e, nel Lazio, anche di ricoveri inappropriati), dal momento che la maggior parte delle patologie rilevate sono a bassa complessità e potrebbero giovarsi di percorsi assistenziali diversi, anziché sottrarre risorse economiche e strutturali a chi potrebbe averne effettivo bisogno. 

 

Per quanto riguarda nello specifico le procedure di Pronto Soccorso, che pure possono rappresentare motivo di stazionamento in sala d’attesa (throughput), occorre ricordare che esse sono mediamente più lunghe e indaginose allorquando il paziente è rappresentato da un bambino- In tal caso, infatti, anche il semplice reperimento di un accesso venoso può rivelarsi difficoltoso, richiedendo talora notevoli abilità manuali che impegnano il personale infermieristico sottraendolo ad altre mansioni. A ciò si aggiunga che i tempi necessari all’ottenimento di consulenze, o esami strumentali, possono non di rado essere assai lunghi, così come quelli relativi all’invio/rilascio degli esami di laboratorio che gravano sul personale ausiliario (soprattutto in quelle realtà in cui i laboratori sono ubicati al di fuori del dipartimento d’emergenza o non sono collegati per via telematica).

 

Last but not least, è doveroso rimarcare che in molte realtà nazionali il personale sanitario è costantemente in organico ridotto, le assunzioni sono bloccate e non esiste un adeguato turn-over: tutte cose che accrescono il disagio e le difficoltà organizzative proprie di una struttura d’emergenza. 

 

Anche  il Triage, ormai obbligatorio per tutti quei Pronto Soccorso che hanno più di 25.000 accessi/anno, e comunque fortemente auspicabile pur nelle strutture ospedaliere più piccole, non è servito a ridurre i tempi di attesa, non essendo d’altronde questo lo scopo per il quale è stato concepito. Peraltro il Triage stesso,  per adempiere adeguatamente alla sua funzione di razionalizzare le priorità di accesso alla visita medica e quindi evitare che bambini in condizioni cliniche serie stazionino a lungo e inosservati in sala d’attesa, richiede l’impiego di ulteriore personale infermieristico adeguatamente formato e con almeno 6 mesi di esperienza in area critica. Per di più a questo si consideri altresì che la sala di attesa  in un Pronto Soccorso Pediatrico è sovente il luogo in cui si effettua l’osservazione clinica richiesta da alcune patologie/sintomi quali il trauma cranico minore, la sintomatologia antalgica, l’iperpiressia, l’attacco acuto d’ asma o il laringospasmo, e così via.

 

Tornando al modello di input-through put-output, va al riguardo osservato che anche nei nostri ospedali l’output si costituisce spesso come uno degli ostacoli maggiormente rilevanti ai fini del deflusso. In molte strutture, infatti, si registra una scarsa disponibilità di posti letto (molti dei quali sono dedicati ai ricoveri elettivi piuttosto che a quelli d’urgenza) che comporta sia la necessità di trasferire in altri nosocomi, con dispendio di risorse e tempo, sia di rimanere in sala d’attesa per giorni interi.

 

Occorre tuttavia tener presente che di solito i Pronto Soccorso pediatrici hanno un tasso di ricoveri inferiore rispetto a quelli per adulti e questo implica comunque un minor ruolo dell’ouput rispetto ad altri fattori in relazione al problema affollamento. In ogni caso, l’affollamento in un Dipartimento d’Emergenza, analogamente a quanto accade per le resistenze agli antibiotici, mostra notevoli variazioni regionali anche rispetto a trend nazionali dominanti; per cui, così come si effettuano periodicamente antibiogrammi per valutare le resistenze ai farmaci dei vari microrganismi, allo stesso modo sarebbe opportuno analizzare periodicamente i potenziali fattori responsabili di affollamento per meglio gestirli. 

 

 Concludendo

 

L’espressione “affollamento del Pronto Soccorso” suona per lo più (e ai più) come un problema inerente al Pronto Soccorso stesso, o del Pronto Soccorso stesso, e non della struttura ospedaliera cui esso appartiene. Oggi, al contrario, è stato ampiamente riconosciuto come questo fenomeno sia determinato da problematiche multifattoriali che riguardano gli ospedali nella loro complessità e nelle loro ricorrenti disfunzionalità (ritardi nell’esecuzione di esami di laboratorio/strumentali, difficoltà nell’ottenere consulenze specialistiche in tempi accettabili ecc).

 

E’ stato inoltre appurato come  le permanenze prolungate in  PS siano spesso l’esito di concomitanze tra loro interrelate e non scindibili. Ciò fa sì che il modello concettuale mirante a spiegare le dinamiche  dell’affollamento tramite le nozioni di input, throughput e output si configuri attualmente come quello più idoneo a definire/contestualizzare le cause del fenomeno e a fornirne gli strumenti per una sua positiva risoluzione, essendo infatti alquanto improbabile che esista un modello di intervento unico applicabile alle diverse realtà.

 

 

Dr.ssa Valeria Tromba, Dirigente Medico I livello. UOC di Pediatria d’Urgenza e Terapia Intensiva Pediatrica. Policlinico Umberto 1, Roma.  Lewis ML, Asplin BR. Pediatric emergency deaprtmens are not “little” adult emergency department. Acad Emerg Med 2010; 17: 202-203

 

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